Recensione “Proibito”di Tabitha Suzuma

Ho terminato da un po’ di giorni, un libro che mi ha davvero fatto pensare. Si tratta di “Proibito” di Tabitha Suzuma. La storia d’amore impossibile per i canoni della nostra cultura, per la parola “incesto” che risuona più forte nella mente di chi legge, nutrito dal profondo pregiudizio che fa gridare: “Abominio, perversione”.

A priori, come dicevo, avevo nutrito anch'io delle forti incertezze, ma la storia e la scrittura mi hanno convinto sempre più; senza accorgermene ho iniziato a pensare al ruolo della “famiglia”, degli effetti che si costruiscono, a rapportare la mia esperienza, prima di figlia e poi di moglie e madre. Un’esperienza simile a chi sta leggendo queste mie righe, ma in totale disaccordo con la struttura di famiglia raccontata in questo libro, sempre se di famiglia si possa parlare!

I protagonisti, infatti, fanno parte di un gruppo in cui il padre non è presente da anni, la madre, tra flirt, nuovo amore e alcolismo, lascia sempre più il ruolo di genitore nelle mani dei due protagonisti. Fratello e sorella maggiori, ma sono sempre degli adolescenti! Lochan e Maya si occupano dei fratelli, proprio come due genitori (molto spesso si riferiscono ai fratelli chiamandoli “i bambini”).

Da lettrice, sono arrivata subito all'etichetta di “due fratelli puramente biologici” accomunati appunto dall'avere lo stesso sangue, patrimonio genetico: inevitabilmente provano però una comunione di pensieri, sensazioni e sentimenti l’uno per l’altra. Il loro passaggio all'amore non è stato per me così traumatico, come pensavo a priori!.

Mi hanno convinto sempre più e meritavano di provare il sentimento e la felicità di questa loro unione. Ho capito la forza e la verità del loro sentimento!

Ma il destino, un po’ shakespeariano, ha sempre dei piani diversi e ci sarà un colpo di scena inaspettato. Una chiave di lettura che ho compreso, ma che nella mia logica romantica e del lieto fine, avrei preferito non leggere.